Internet of Things: il grande fratello ti osserva

Internet of Things in ottica "orwelliana"

Internet of Things: il grande fratello ti osserva

I prodotti tecnologici sono in piena rivoluzione: da tempo ormai non sono più un semplice insieme di parti elettriche e meccaniche ma sono un concentrato di tecnologia complessa con sensori, microprocessori, connettività.
I nuovi prodotti “connessi” hanno aperto una nuova era e nuovi mercati su cui competere per le aziende del settore. Offrono infatti possibilità esponenziali per nuove funzionalità, affidabilità e capacità di superare limiti fino a poco tempo fa insormontabili.

Il nome “Internet of things” (IoT) non spiega molto chiaramente a cosa si riferisca questo nuovo fenomeno e le sue implicazioni. Internet è semplicemente uno strumento di connettività e quindi utile a trasmettere informazioni. La vera differenza la fanno le “cose” (things). L’idea sottostante è quella di collegare tramite internet una serie di oggetti e prodotti che fino ad ora non lo rendevano possibile, farli dialogare con noi, le nostre app oppure tra di loro. Un esempio sciocco? Lo smart fridge: il frigorifero ci informa se manca il latte mandandoci un messaggio allorchè le sue telecamere interne scoprono che il latte è terminato o scaduto.

Gartner ritiene che entro la fine del 2015 ci saranno 4,9 miliardi di “oggetti intelligenti” collegati, che diventeranno 25 miliardi nel 2020. Stiamo parlando di un mercato che, solo in Italia, ha un valore di 1,55 miliardi di euro. Secondo l’Osservatorio Internet of Things, “Nel nostro Paese si contano circa 8 milioni di oggetti interconnessi tramite SIM cellulare (+33% rispetto all’anno precedente), per un valore di mercato di 1,15 miliardi di euro (+28%), a cui va sommato il mercato delle applicazioni che si appoggiano a tecnologie di comunicazione diverse, come Wireless M-Bus, WiFi, Reti Mesh Low Power, Bluetooth Low Energy, pari a 400 milioni di euro”.

I cambiamenti già portati dalle tecnologie cloud, mobile, big data e social diventeranno ancora più spinti e potranno compromettere molti business esistenti, specialmente perché i rischi e le opportunità arriveranno non tanto dalla digitalizzazione di prodotti e servizi quanto dal creare nuovi business model e value proposition.

Ma quali sono i principali campi di applicazione di IoT?

1. Smart Home: una recente survey dell’Osservatorio Internet of Things conferma che “le applicazioni più desiderate sono quelle che portano benefici tangibili, come quelle per la sicurezza, che interessano al 47% dei proprietari, o per il risparmio energetico. Il 46% è interessato infatti a soluzioni per la gestione del riscaldamento, il 33% per il monitoraggio consumi energetici e il 31% per la gestione da remoto degli elettrodomestici“.
E’ altrettanto interessante vedere come la maggior parte degli intervistati voglia poter gestire la propria Smart Home via App (69%) ma, in un futuro prossimo, anche con strumenti “wearable” come l’IWatch.

2. Smart City: si parla di Internet of Place, IoT più le persone, più il contesto. Per esempio si possono creare piattaforme che recepiscano gli interessi dei consumatori (film, cibo, shopping) consentendo ai retailer di inviare messaggi targettizzati alle persone sui loro smartphone mentre passano davanti al loro negozio. La città di Brighton nel Regno Unito si sta organizzando da questo punto di vista.
Si vuole anche usare IoT per migliorare la qualità dei servizi pubblici nelle città, permettendo di informare gli utenti sui mezzi a disposizione, sui parchi pubblici, sui servizi di bike e car sharing. A Londra si stanno progettando app per i ciclisti che consentano loro di scegliere le strade meno inquinate oppure di dotarli di caschetti con visore che permetteranno di scegliere percorsi alternativi.
Ma, conferma l’Osservatorio del Politecnico di Milano, “i potenziali benefici sono enormi: un’adozione pervasiva di soluzioni per l’illuminazione intelligente, per la gestione della mobilità e per la raccolta rifiuti potrebbe far risparmiare complessivamente ogni anno in Italia 4,2 miliardi di euro e migliorare la vivibilità delle città, tagliando l’emissione di 7,2 milioni di tonnellate di CO2 ed evitando l’equivalente di quasi 5 giorni l’anno per ogni utente della città in coda nel traffico sulla propria auto oppure alla ricerca di un parcheggio libero”.

3. Smart Car: al momento in Italia ci sono 4,5 milioni di auto connesse principalmente grazie a box GPS/GPRS per la localizzazione del veicolo e la registrazione dei parametri di guida a scopo assicurativo.

4. Retail: combinando la tecnologia IoT con i Big Data, gli impatti diventano ancora più interessanti. Potremmo conoscere quando un cliente entra in un negozio, quanto tempo vi trascorre, che prodotti ha guardato e per quanto tempo. E se comprasse  qualcosa, si potrebbe sapere per quanto tempo quel prodotto è rimasto a scaffale e le performance di vendita dei prodotti della stessa tipologia. Se poi unissimo a queste informazioni i dati dei clienti per età, sesso, spesa media, brand loyalty avremmo una visione end to end di tutta l’esperienza del cliente ben superiore a quella attuale.
Gli acquisti potranno anche essere effettuati attraverso etichette intelligenti che consentiranno all’utente di pagarli con la propria carta di credito, anche solo mettendoli nel carrello.

5. Fashion e moda: molti fashion designer stanno esplorando il potenziale di sensori e connessione ad internet creando abiti ed accessori al tempo stesso belli ed intriganti. Lauren Bowker at The Unseen ha creato materiali che cambiano colore in risposta a determinati sensori, inclusi abiti che interpretano le emozioni leggendo le onde cerebrali.
E perché non usare la realtà aumentata? Scegliere ed acquistare una nuova borsa comodamente sedute dal parrucchiere, sfogliando una normale rivista che, grazie al nostro smartphone, ci permette di vedere l’oggetto del desiderio in 3D?

6. Salute: il programma per la sicurezza nazionale inglese (NHS) sta mettendo in campo un nuovo progetto denominato “Test beds”.  Attraverso di esso le persone sofferenti di demenza possono beneficiare di una assistenza domiciliare che combina l’utilizzo di tecnologie wearable, con smartphone e app e che comporta costi minori per il personale infermieristico.

Resta da domandarsi cosa rimanga della privacy: di fatto stiamo parlando di un orwelliano grande fratello dei piccoli oggetti che “spia” le nostre abitudini ed i nostri comportamenti 24 ore su 24. Già la grande diffusione di internet e degli smartphone ha fatto sorgere molte domande.
Sono passati più di sessant’anni dalla pubblicazione di “1984” e i programmi di sorveglianza elettronica del web messi in atto dalla National Security Agency per combattere il terrorismo hanno riportato in auge il libro visionario di George Orwell.

Siamo pronti a comprendere le implicazioni di queste nuove tecnologie sulla nostra vita privata e sulla condivisione dei dati personali? Siamo preparati ad avere controllo su tali dati in un mondo che promette di essere “saturato” di sensori? Forse il primo step è proprio comprendere bene cosa sia Internet of Things.

Non c’era modo di sfuggire. Nulla si possedeva di proprio se non i pochi centrimetri cubi dentro il cranio.”
G. Orwell “1984” – 1949

Mariella Borghi

Fonti:
http://www.doxa.it/news/internet-of-things-smart-home/
http://www.theguardian.com/technology/internet-of-things
https://hbr.org/2015/06/the-internet-of-things-is-changing-how-we-manage-customer-relationships 

 

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